Studio 7

Il Male Permesso E Il Suo Papporto

Col Piano Di Dio.

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– PERCHE’ FU PERMESSO IL MALE. 
– IL GIUSTO E L’INGIUSTO COME PRINCIPIO. 
– IL SENSO MORALE. 
– IDDIO PERMISE IL MALE E LO GOVERNA PER IL BENE.
– IDDIO NON E’ L’AUTORE DEL PECCATO. 
– LA PROVA DI ADAMO NON ERA UNA FARSA. 
– LA SUA TENTAZIONE ERA SERIA. 
– EGLI PECCO’ VOLONTARIAMENTE E DI PROPOSITO
   DELIBERATO. 
– IL CASTIGAMENTO DEL PECCATO NON E’ INGIUSTO,
   NE’ TROPPO SEVERO. 
– LA SAPIENZA L’AMORE E LA GIUSTIZIA
   MANIFESTATANSI NELLA CONDANNAZIONE 
   DI TUTTI IN ADAMO. 
– LA LEGGE DI DIO E’ UNIVERSALE

 

 

 

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"Il male" è ciò che 
produce disgrazia e malanno.

     "Il male" è ciò che produce disgrazia e malanno. Tutto ciò che, direttamente o indirettamente cagiona una sofferenza qualunque. (Lessico inglese di Webster). [135]

   E, secondo Boiste, lessicografo francese, — il male è il contrario del bene, tutto ciò che nuoce, e occasiona dolore. 

   Male: contrario al buono e al bene, — pena, tormento, passione — rovina o scandalo — danno, disgrazia, pericolo — (Trinchera). — Ond'è che, trattando questo soggetto, non solo viene a posarsi questa domanda : Che cosa ne è di tutte queste malattie, pene, dolori, debolezze, e della morte dell'umanità? 

   Ma è necessario andare più oltre e considerare la causa primitiva il peccato, — e il suo rimedio. 

   Poichè il peccato è la causa di tutto il male, il suo allon tanamento è il solo rimedio per guarire la malattia in modo radicale e permanente.

Il permesso del male presente e’ destinato a ragiungere una salvezza tanto maggiore.

 

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Una lezione durevole e di grande valore.

     Nessuna difficoltà, forse, si presenta così di frequente allo spirito del cercatore come la domanda: Perché Iddio ha egli permesso l'attuale regno del, male? 

   Perché Iddio permise egli a Satana di insinuarsi presso ai nostri primi genitori per presentar loro la tentazione, dopo averli creati perfetti. Oppure, [136] perchè ha egli lasciato che l'albero della conoscenza del bene e del male fosse posto fra tutti gli altri di cui era stato concesso all'uomo il per messo di mangiare il frutto? 

   Malgrado tutti i tentativi di eluderla, la questione seguente s'impone sempre: Iddio non avrebbe egli potuto prevenire ogni possibilità di caduta per l'uomo? 

   La difficoltà viene indubbiamente dal fatto che non si comprende il piano di Dio. Certamente Iddio avrebbe potuto impedire l'ingresso al peccato, ma il fatto che egli nol fece dovrebbe esserci prova sufficiente che il permesso del male presente è destinato a raggiungere una salvezza tanto maggiore.

    Se si esaminassero i piani di Dio nella loro integrità vedrebbesi che la via seguita era savia. Doniandasi : Iddio, a cui ogni cosa è possibile, non poteva egli intervenire in tempo per impedire l'adempimento dei disegni di Satana Evidentemente l'avrebbe potuto; ma un intervento di tal fatta, avrebbe impedito l'adempimento dei suoi propri consigli. 

   Scopo suo era di manifestare la perfezione, la maestà e la giusta autorità della sua legge, di mostrare all'uomo e agli angeli ad un tempo le conseguenze funeste che reca con sè la sua violazione. D'altronde, sonvi cose che, secondo la natura loro propria, sono perfino impossibili a Dio, come le Scritture lo riferiscóno: 

"E' impossibile che Iddio abbia mentito" (Ebr. VI, 18). 

Egli non può "rinnegare sè stesso" (2 Tim. II, 13). 

   Egli non può commettere l'iniquità, ed ecco perchè egli non poteva se non scegliere il migliore e il più savio dei piani per introdurre le sue creature nella vita, quantunque la nostra corta veduta non possa discernere, per un tempo, le sorgenti nascoste dell'infinita sapienza.

"Perché tu non sei un Dio che prende piacere nell'empietà..."
Salmo 5:4

 

Benche’ Dio oppone il male, lo permette.

     Dichiaran le Scritture che tutte le cose furon create per volontà di Dio (Apoc. IV, II), per il piacere di dispensare le sue benedizioni e di eser [137] citare gli attributi dell'essere suo glorioso. E se, nell'adempimento dei suoi benevoli disegni, egli permette al male, agli operatori d'iniquità di prendervi una parte attiva per un certo tempo, non è tuttavia per amor del male, o perchè egli sarebbe d'accordo col peccato ; poichè egli dichiara che egli

"non è un Dio che prenda piacere nell'empietà" (Sal. V, 4).

     Quantunque opposto al male in tutti i sensi, Iddio lo permette o lo tollera (cioè non l'impedisce) per un certo tempo, perchè la sua sapienza ha trovato una via sulla quale le sue creature troveranno una lezione durevole e di grande valore.

 

“Bene e male” sono i risultati attribuiti ai pricipii del bene e male messi in attivita’.

     E' verità evidente questa: per ogni principio giusto esiste un principio ingiusto corrispondente, come ad esempio: verità e falsità, amore e odio, giustizia ed ingiustìzia. Noi designiamo quei principii (o nozioni) opposti per mezzo delle espressioni giusto o ingiusto o altresì per buono e cattivo, sempre secondo l'effetto che producono quando sono messi in attività. 

   Noi chiamiamo giusto un principio, allorché il risultato, una volta operante, ne è beneficio e produce finalmente ordine, armonia o felicità; e chiamiamo il suo opposto, che non produce che discordia, malanni e distruzione, un principio iniquo. Il risultato di quei principii in azione è ciò che noi chiamiamo buono e cattivo, e bene e male; e noi chiamiamo virtuoso o peccatore, l'essere intelligente che è capace di discernere il buono dal cattivo principio, e che si lascia volontariamente governare dall'uno o dall'altro.

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Dio non ha creato l’uomo a forma di un burattino.

 

Perche’ Dio non ha limitato l’esperienza dell uomo?

    Tale facoltà di poter discernere tra principii buoni o cattivi vien chiamato senso morale o coscienza. Egli è per mezzo di quel senso morale che Iddio ci ha dato, che siam resi capaci di giudicare Dio e di riconoscere che Egli è buono. Egli è quel senso morale che Iddio ricorda sempre per provare la sua giustizia e la sua rettitudine ed è in vir [138] del senso morale che Adamo poteva discernere il peccato e l'ingiustizia come essendo cose malvagie, prima anche di conoscerne la conseguenza. 

   Gli ordini inferiori delle creature di Dio non sono dotati di quel senso morale. Un cane ha qualche poco d'intelligenza, ma non a quel grado, sebbene egli possa apprendere che certe azioni comportano l'approvazione e la ricompensa del suo padrone, e certe altre la sua disapprovazione. Egli potrebbe rubare o uccidere, e non lo si potrebbe chiamare peccatore, oppure egli potrebbe proteggere la vita e la proprietà e non lo si potrebbe chiamare virtuoso, — perché egli ignora la qualità morale delle sue azioni.

     Iddio avrebbe potuto creare l'umanità sprovvista della facoltà di distinguere il giusto e l'ingiusto o capace soltanto di discernere il giusto e di compierlo; ma in tal modo non avrebbe fatto altro che una macchina vivente e non una somiglianza del Creatore. Oppure non doveva se non fare l'uomo perfetto con un libero arbitrio, com'ei lo fece, e preservarlo dalla tentazione di Satana. 

   Ma, in questo caso, l'esperienza dell'uomo essendo limitata al bene, egli sarebbe stato continuamente esposto alle suggestioni del male al di fuori e all'ambizione interna, il che avrebbe reso incerto il suo avvenire attraverso l'eternità, imperocchè la possibilità d'un atto di disubbidienza e di disordine avrebbe esistito sempre; in oltre, il bene non sarebbe stato mai così pienamente apprezzato come nel suo contrasto col male.

Dio ha permesso l’uomo di provare l’estremita’ del peccato.

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Caino e Abele

Solamente col paragonare i risultati puo’ l’uomo giustamente apprezzare le conseguenze del bene e del male.

 

 

Liberta’ di scelta e’ parte della dotazione originaria dell’uomo.

     Iddio famigliarizzò anzitutto le sue creature col bene circondandole della sua bontà nell'Eden; in seguito, come salario della disobbedienza, egli diede loro una severa esperienza del male. Cacciate dall'Eden e private della comunione con lui, Iddio lasciò loro provare la malattia, le sofferenze e la morte, affinché sappiano per sempre che cosa è ilmale [139] e quanto il peccato è nocivo ed eccessivamente colpevole

    Nel confrontare le conseguenze di quei due principii Adamo ed Eva le compresero e le giudicarono;

"Il Signóre disse: Ecco, l'uomo è divenuto come uno di noi, avendo conoscenza del bene e del male. (Gen. III, 22).

     A ciò partecipano i loro discendenti, salvo che essi ottengono primieramente la conoscenza del male e non potranno comprendere pienamente ciò che è buono se non allorquando ne faranno l'esperienza nel Millennio, come il risultato della loro redenzione, per mezzo di colui che allora sarà il loro giudice e il loro re.

     Il senso morale o il giudizio del giusto e dell'ingiusto e la libertà di servirsene, che Adamo possedeva furono dei tratti importantissimi della sua somiglianza con Dio. La legge del gìusto e dell'ingiusto era scritta nell'intimo della sua natura: essa ne formava una parte, come essa forma una parte della sua natura divina. 

   Ma non dimentichiamo che quell'immagine o rassomiglianza con Dio, quella natura dell'uomo nella quale la legge era scolpita in origine ha perduto molto della sua impronta si chiara per l'influenza degradante e l'azione deleteria del peccato; essa non è quindi più attualmente ciò che essa fu nel primo uomo. 

   La facoltà di amare implica quella di odiare; ecco perchè possiamo inferirne che il Creatore non poteva formare l'uomo alla sua immagine col potere di amare e di fare ciò che è giusto senza la facoltà corrispondente di odiare e di fare il male. Quella libertà di scelta, chiamata libero arbitrio, è una parte della dotazione originaria dell'uomo; e ciò in un colle sue piene facoltà intellettuali e morali, lo costituiscecome una immagine del suo Creatore. 

   Oggigiorno, dopo sei mila anni di degradazione, l'uomo si è a tal punto allontanato dall'immagine primitiva pel peccato, che egli non è più libero, ma bensì più omeno legato [140] dal peccato e dalle sue funeste conseguenze, in guisa che il peccato è ora più facile ed apprezzato dalla razza decaduta che non la giustizia. 

   E' evidente che Iddio avrebbe potuto dare ad Adamo una impressione più viva delle conseguenze disastrose del peccato, ciò che ne lo avrebbe distolto, ma noi crediamo che Iddio sapeva che una esperienza attuale del male era forse la più sicura e la più durevole lezione per servire d'esempio all'uomo in eterno; ed è per quella ragione che Iddio non lo prevenne, ma lasciò all'uomo la libertà di scegliere e di apprezzare le conseguenze bel male.

Dio preferisce un’obbedienza spontanea ad un servizio macchinale e del tutto emperico.
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     Se il male non fosse mai stato posto di fronte all'uomo, egli non avrebbe avuto occasione di resistergli, e allora non vi sarebbe stato nè virtù né merito nella sua rettitudine e nella sua giustizia. Iddio domanda degli adoratori che l'adorino in ispirito e verità. Egli preferisce di gran lunga un'obbedienza intelligente e spontanea ad un servizio macchinale e del tutto empirico.

   Egli aveva già delle forze inanimate e macchinali in opera per l'adempimento della sua volontà; ma ora la sua intenzione era di creare una cosa più nobile, una creatura intelligente fatta alla sua immagine, un signore sulla terra, la cui giustizia e lealtà, sarebbero fondate sul vero apprezzamento del giusto dell'ingiusto, del bene e del male.

    I principii del "giusto" e dell' "ingiusto" hanno esistito sempre, come principii, e sempre esisteranno; e conviene che tutte le creature perfette e intelligenti, fatte all'immagine di Dio, siano libere di scegliere l'uno o l'altro, quantunque il principio del giusto continui ad essere solo per sempre attivo. 

   C'informano le Scritture che allorchè il principio dell'ingiusto sarà stato in opera abbastanza per compiere i disegni di Dio, egli cesserà per sempre di essere operante, e altresì che tutti coloro i quali continuano a sottomettersi alla sua influenza cesscranno [141] di esistere in eterno (I Cor. 5:25-26; Ebrei II, 14). La pratica della dirittura e dalla giustizia, e gli uomini dabbene soltanto continueranno a esistere in eterno.

Sono quattro modi di conoscere:

1.  L’Intuizione

2.  L’Osservazione

3.  L’Esperienza

4.  L’Istruzione

 

     Ma la questione si presenta sotto un'altra forma. L'uomo non poteva egli essere istruito del male per qualche altro mezzo che non fosse l'esperienza? Sonvi quattro modi di conoscere una cosa, cioè: per l'intuizione (la conoscenza immediata), per l'osservazione, per l'esperienza e per l'istruzione; quest'ultima deve naturalmente provenire da una sorgente riconosciuta come positivamente veridica. Una conoscenza intuitiva sarebbe un concepimento diretto, senza il metodo bel ragionamento e la necessità d'una prova. 

   Una tale conoscenza non ap­partiene che al divin Geova, la sorgente eterna di ogni sapienza e verità, il quale, di necessità e nella natura stessa delle cose, è molto superiore a tutte le sue creature. Ecco perchè la conoscenza che l'uomo ebbe del bene e del male non poteva essere intuitiva. Egli avrebbe potuto arrivare a quella co­noscenza mediante l'osservazione, ma in tal caso sarebbe stata necessaria una esibizione qualunque del male affinché l'uomo vi potesse osservare i suoi risultati. Ciò presupporrebbe il permesso del male in qualche dominio, fra certi esseri; e perchè non fra gli uomini e sulla terra, quanto fra altri esseri, e altrove?

L’uomo acquista l’esperienza per la pratica.

     Perchè l'uomo non avrebbe egli dovuto fornire il quadro per l'istruzione sua e degli angeli ed acquistare così la sua conoscenza coll'esperienza pratica? E così è diffatto; l'uomo acquista l'esperienza per la pratica e fornisce nel tempo stesso una illustrazione ad altri esseri, egli "serve di spettacolo agli angeli".

Adamo e Eva cedettero alla tentazione che Dio con sapienza permise.

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Sebbene sedotta, Eva trasgredi’.

     Adamo possedeva di gìà una conoscenza del male per l'istruzione, ma ciò non bastava. Adamo ed Eva conobbero Iddio come il loro Creatore, e quindi [142] come il solo che avesse il diritto di governarli e dare loro degli ordini ; e Iddio aveva detto circa l'albero proibito : "il giorno in cui tu ne mangerai, morente tu morrai". 

   A partire da quell'istante essi avevano una conoscenza teorica del male, ma essi non ne avevano mai osservati nè subìti gli effetti pratici. Per difetto d'esperienza essi non potevano dunque comprendere perfettamente l'autorità piena d'amore del loro Creatore e della sua legge benefica, nè i pericoli contro cui essa li doveva proteggere. Così essi cedettero alla tentazione che Iddio permise, ma nella sua sapienza egli ne conobbe anticipatamente l'utilità finale.

     Pochissimi comprendono la serietà della tentazione che fece cadere i nostri primi genitori, e la giustizia di Dio consistente ad applicare una pena così severa ad una cosa che, agli occhi di molti, sembra essere una trasgressione così leggiera. Ma un po' di riflessione la spiegherà.

Adamo partecipo’ volontariamente condividendo con Eva nella sua disubbidienza.

     Le Scritture ci narrano la semplice storia in cui la donna, come essendo la più debole, fu sedotta, e divenne così il trasgressore. La sua esperienza è la sua conoscenza di Dio erano ancora più limitate di quelle di Adamo, poichè egli fu creato il primo, e Dio gli aveva communicato direttamente prima della creazione di Eva ciò che sarebbe il catigo del peccato, mentre che Eva ricevette le sue istruzioni da Adamo, secondo ogni apparenza. 

   Allorchè essa prese del frutto, essa aveva creduto alle parole ingannatrici di Satana ; essa non ebbe nessuna idea di aver perduto con quell'atto il suo diritto alla vita, quantunque dovesse provare qualche timore e il sentimento che tutto non stava bene. Ma sebbene sedotta, Paolo la dichiara quale trasgressore. Essa era responsabile della sua azione, ma senza essere colpevole come se avesse peccato possedendo una luce maggiore.

     Al contrario di Eva, Adamo, come l'apprendia [143] mo (I Tim. II, 14), non fu sedotto; e conseguente- mente egli dovette commettere la trasgressione con una più completa conoscenza del peccato e dei suo castigo, sapendo e credendo che sarebbe morto.

L’uomo e’ inclinato al peccato per la sua decaduta natura.

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     Noi possiamo facilmente vedere che fu la tentazione che lo spinse tutto noncurante a incorrere così nella pena pronunziata. Ricordiamoci che essi erano degli esseri perfetti, fatti ad immagine e somiglianza del loro Creatore; l'elemento divino dell'amore dovette essersi sviluppato in modo segnalato nell'uomo perfetto verso la sua cara compagna, la donna perfetta: Adamo ebbe senza dubbio la certezza della morte di Eva e per conseguenza della sua perdita (e ciò senza speranza di ricuperarla, poiché una tale speranza ancora non era stata, data) e nella sua disperazione egli elesse di non vivere senza di essa. 

   Ritenendo senza di Eva, la sua vita infelice e senza valore, egli partecipò volontariamente alla sua disubbidienza, affin di condividere anche con essa il castigo, cioè la morte. Ond'è che i due furono responsabili della "trasgressione", come Paolo lo dimostra (Rom. 5:14; I Tim. 2:14). Ma Adamo ed Eva erano uno e non "due"; perciò Eva condivise la sentenza che la sua condotta aveva contribuito a trarre sopra Adamo. (Rom. 5:12, 17-19).

Iddio ha permesso il peccato, ma non e’ l’autore d’esso.

     Iddio previde non solo che dopo aver dato all'uomo il diritto di scegliere liberamente, quest'ultimo, per difetto d'una piena comprensione del peccato e delle sue conseguenze, accetterebbe il male, ma gli previde in pari tempo che una volta famigliarizzato col male egli continuerebbe a sceglierlo, perché quella conoscenza corromperebbe la sua disposizione morale a tal segno che il male gli diverrebbe a poco a poco più grato e desiderabile che non il bene. 

   Ad onta di ciò, Iddio risolvette di permettere il male, perché avendo di già. provveduto al rimedio per la liberazione dell'uomo dalle conseguenze [144] del male, — egli previde che il risultato lo condurrebbe, per l'esperienza alla piena comprensione. che il peccato è eccessivamente colpevole (Rom. VII, 13) e dello splendore sublime e senza pari della virtù, in contrasto col peccato;  e che, in tal modo egli imparerebbe ad amare e ad onorare sempre più il suo Creatore, che è l'origine e la sorgente di ogni bontà e ad evitare per sempre ciò che fu cagione di tanta infelicità e di tanta miseria. 

   In tal modo il risultato finale sarà. un più grande amore per Dio e un odio maggiore per tutto ciò che è opposto alla sua volontà, e quindi un ristabilimento più fermo nello stato della giustizia eterna di tutti coloro che vogliono profittare delle lezioni che Iddio insegna ora col permettere il peccato e i mali che l'accompagnano.

  Dovrebbesi tuttavia fare una grande distinzione tra il fatto incontestabile che Iddio permise il peccato e l'errore serio di alcuni che accusano Dio di essere l'autore e l'istigatore del peccato — Un'opinione simile è tanto più blasfematoria ch'essa è in contraddizione coi fatti presentati nelle Scritture. Coloro che cadono in quell'errore lo fanno ordinariamente col desiderio di trovare un altro piano di salute all'infuori di quello previsto da Dio pel sacrifizio e il riscatto di Cristo. 

   Se essi riescono a convincere se stessi od altri che Iddio è responsabile di ogni peccato, di ogni atto d'iniquità e di ogni delitto (1), e che [145] l'uomo come un arnese innocente fu costretto a soccombere al peccato, allora essi hanno aperta la strada alla teoria che non era necessario sacrificio alcuno pei nostri peccati, nè occorrebbe misericordia di veruna specie, ma semplicemente ed unicamente giustizia.

Il male in se stesso non e’ peccato.
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(1) Due passi della Scrittura (Esaia XLV, 7, e Amos III, 6), vengono adoperati per sostenere tale teoria, ma per una falsa interpretazione delle parole avversità e male nei due testi. 

   Il peccato è sempre un male, ma un male non è sempre un peccato. Un terremoto, una conflagrazione. Una inondazione o una peste sarebbero delle calamità o dei mali, ma nessuno d'essi sarebbe un peccato. 

   La parola avversità (versioni Francesi e Inglesi) nel primo testo Esaia XLV, 7) resa pel male dal Diodati significa calamità, nel senso di malanno. La stessa parola ebraica (ra) è tradotta per angoscia in (Sal. CVII, 26) per calamità in (Ger. LI, 2) per avversità in (Sal. XLI, 1; CXLI, 5; Ec. VII, 14; Ger. XLVIII, 16); per miseria in (Neem, II, 17) ; per distretta o afflizioni in (1 Sam. X, 19) e per molte altre espressioni in altri luoghi, che tutti si riferiscono alla infelicità o malanno, ma non al peccato.

La qualita’ piu’ nobile dell’ uomo e’ la liberta’ di scegliere.


Fuori d’essa l’uomo sarebbe inferiore agli insetti.

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     Non paghi di ciò, essi posano ancora il fondamento per un'altra parte della loro dottrina erronea cioè: l'universalismo (dottrina della salvezza finale di tutti quanti, e persino di Satana), pretendendo che come Iddio fu la causa del peccato e della malvagità di tutti, egli sarà altresì la causa della liberazione di tutto il genere umano, dal peccato e dalla morte. E mentre affer.

    In Esaia XLV, 7 "Io sono il Signore che formo la luce e creo la tenebre, che fo la pace, e creo il male ("avversità)" ....e Amos III, 6 ".. Saravvi alcun male (malanno) nella città, che il Signore non l'abbia fatto?', il Si gnore voleva ricordare agl'Israeliti il patto fatto con quel popolo come nazione, — che essi obbedivano alle sue leggi egli li benedirebbe e li proteggerebbe dalle calamità che sopravvengono d'ordinario a tutto il mondo, ma che se essi l'abbandonavano egli manderebbe loro le calamità (i mali) come castighi (ved. Deut. XXVIII 1-14) 15-32; Lev. XXVI, 15-16; Giosué XXIII, 6-11, 12-16).

   Nondimeno, quando calamita di tal natura sopravvenivano agli Israeliti, questi le consideravano di preferenza come accidenti che come castighi. Di lí le dichiarazioni dei profeti che quelle calamita venivano dal Signore per la loro correzione a cagione del patto con essi. 

   E' assurdo l'adoperare quei passi per provare che Iddio é l'autore del peccato, poiché essi per nulla al peccato si riferiscono [146] mano che Iddio volle e cagionò il peccato e che ninno può resistergli, essi pretendono che, similmente, quand'egli vorrà la giustizia tutti saranno impotenti a resistergli. 

     Ma in ogni ragionamento di tal genere, la più nobile qualità dell'uomo, la sua libera scelta, uno dei tratti più marcati della sua rassomiglianza col Creatore, viene intieramente scartato; e l'uomo è teoricamente abbassato all'ufficio d'una semplice macchina che non cammina se non quando viene messa in movimento. 

   E così l'uomo sarebbe inferiore agl'insetti invece di essere il Signore della terra; conciossiachè gl'insetti abbiano indubbiamente il potere di scegliere. Alla piccola formica financo, fu dato un potere di volontà che l'uomo colla sua potenza maggiore può bene attraversare, ma senza poterlo distruggere.

Quando l’uomo fu’ permesso di scegliere a sua voglia, egli cadde dall’ accoglienza Divina.

Iddio non messe in vigore il peccato sull’uomo, ma, nella Sua benevolente sapienza ha provveduto un metodo per ritrovarsi.

Iddio richiede un’adorazione volontaria

     Vero è che Iddio ha il potere di costringere l'uomo al peccato o alla giustizia, ma la sua parola dichiara che egli è lungi dall'avere simili intenzioni. Egli non potrebbe per conseguenza, costringere l'uomo al peccato per la ragione medesima che "egli non può rinnegare se stesso". Un tale procedere sarebbe incompatibile col suo carattere giusto; ciò sarebbe quindi una impossibilità. 

   Egli non domanda l'amore e la venerazione se non di coloro che "l'adorano in ispirito e verità". Si fu con questo scopo che Iddio diede all'uomo la libera volontà simile alla sua, e egli desidera che scelga la giustizia. Il permesso dato all'uomo di scegliere per se medesimo lo condusse alla perdita della comunione divina, della grazia, delle benedizioni e della vita. Per la sua esperienza col peccato e la morte, l'uomo apprese ciò che Iddio offrì di insegnargli teoricamente, senza la sua esperienza col peccato e le sue conseguenze.

    La prescienza di Dio concernente ciò che l'uomo farebbe, non deve essere invocata per abbassare l'uomo al livello d'un essere puramente macchi nale; [147] ben al contrario, essa prova piuttosto a favore dell'uomo; poichè Iddio, prevedendo la determinazione che prenderebbe l'uomo, quando gli fosse lasciata la scelta, non impedì di gustare il peccato e le sue conseguenze amare, ma egli diede subito principio al mezzo di riscattare la sua prima trasgressione, col provvedere un Redentore, un gran Salvatore che fosse capace di salvare in eterno coloro che vogliono accostarsi a Dio per Lui.

     Ed è per questo scopo — affinchè l'uomo abbia un intiero arbitrio e che egli possa servirsene mentre ne abusò nella sua prima caduta disobbedendo al Signore che — Iddio provvide non solo a un riscatto riconciliazione con lui fosse offerta e indicata a tutti al tempo determinato (I Tim. II, 3-6).

"Poioche’ il salario del peccato e’ la morte;
ma il dono di Dio e’ la vita eterna in Cristo Gesu’, nostro Signore."
Romano 6:23

     La severità del castigo non era punto una maniestazione di odio o di malvolere da parte di Dio, ma essa fu il risultato necessario ed inevitabile del male, che Iddio permise all'uomo di gustare e di conoscere in tal modo. Iddio può conservare una esistenza per tutto quel tempo che egli giudica opportuno, ad onta del potere distruttivo, del male operante, ma è altrettanto impossibile a Dio di lasciar sussistere una tal vita in eterno, quanto gli è impossibile di mentire. 

   Vale a dire che ciò è moralmente impossibile. Una tal vita altro non potrebbe che diventare una sorgente sempre più grave di mali per se stessa e per altri. Quindi Iddio è troppo buono per tollerare una esistenza che sarebbe altrettanto inutile quanto nociva a se stessa e ad altri, e il suo potere di conservazione una volta ritirato, la distruzione, conseguenza naturale del male, terrebbe dietro.

   La vita è un dono, un favore re di Dio, e non è che per colui che fa la sua volontà che essa durerà in eterno.

La vita e’ un favore, e’ un dono di Dio.

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     Ingiustizia alcuna vien fatta alla progenie di Adamo, in ciò che Iddio non concesse ad ognuno una prova individuale. Geova non era in verun senso obbligato [148] a darci la vita, e dopo averci chiamati all'esistenza non era impegnato da legge alcuna di equità o di giustizia a procurarci la vita eterna, neppure a darci una prova sotto promessa di vita eterna a condizione che fossimo ubbidienti. 

   Pesi bene il lettore questo punto. La vita presente, che dalla culla alla tomba non è che una marcia verso la morte è, ad onta di tutti i suoi mali, e di tutte le sue disillusioni, una grazia, un benefizio anche se non esistesse una vita futura. 

   Così la pensa la grande maggioranza, e le eccezioni (i suicidi) sono in numero comparativamente assai esiguo ; gl'infelici che si tolgono la vita non possono esere resi responsabili — l'han dichiarato in varie circostanze le corti di giustizia — a cagione della loro condizione mentale, poichè in caso contrario non si toglierebbero da se stessi i beni di questa vita. Del resto, tutti i figliuoli di Adamo avrebbero agito com'ei fece in simile circostanza.

"Ogni donazione buona e ogni dono perfetto vengon dall’alto, discendondo dal Padre degli astri luminosi, presso il quale non c’e’ variazione ne’ ombra prodotta da rivolgimente."
Giacomo 1:17

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La dottrina delle Pene Eterne non e’:
1. Scitturale
2. In armonia col carattere di Dio
3. Parte del Piano di Dio

     Molti sono fissi nell'idea erronea che Iddio ha posta la nostra razza alla prova per la vita, coll'alternativa delle pene eterne, mentre allusione alcuna vien fatta di tal genere nelle minaccie di punizioni. La grazia, o il beneficio di Dio pei suoi figliuoli ubbidienti è la vita, — una vita continuata, senza dolori, senza malattie e scevra di ogni altro elemento di decadenza e di morte.

     Adamo partecipò pienamente a quella benedizione, ma egli fu avvertito che sarebbe stato spogliato di quel "dono" se egli commetteva la colpa di non ubbidire a Dio.

"Nel giorno che tu, ne mangerai per certo, 
tu morrai". 

     Egli nulla seppe di una vita di tormenti come castigo del peccato.

   La vita eterna non è promessa in nessun luogo a nessun altro che a colui che obbedisce a Dio. La vita è la ricompensa di Dio, e la morte, l'opposto della vita, è la pena ch'egli ha prescritta.

     Le pene eterne non sono in nessun luogo mentovate nell'Antico Testamento; si fanno derivare [149] in modo specioso da alcune rare espressioni del Nuovo Testamento, le quali trovansi sia fra le rappresentazioni simboliche dell'Apocalisse, sia fra le parabole e i discorsi oscuri del nostro Signore, che non furono compresi dal popolo che li udiva (Luca VII, 10) e che, apparentemente, non sono compresi molto meglio ai giorni nostri (1).

"Il salario del peccato è la morte". 
(Ez. XVIII, 4).

(1) Vedi l'opuscolo: "Ce que nous trouvous dans l'Ecriture au Sujet de l'Enfer." Cent. 20 franco.

Come tutti son condannati in Adamo...

     Taluni hanno emessa l'idea che si possa sospettare Iddio di essere stato ingiusto nel condannare tutto il genere umano per il peccato di Adamo, l'occassione di avere la vita eterna. 

   Ma che cosa obbietteranno i fautori di quella teoria se vien loro dimostrato che l'opportunità, e la prova del mondo per la vita saranno più favorevoli assai che nol furono quelle di Adamo, e che è precisamente la ragione per cui Iddio adottò il piano, di provare tutti gli uomini rappresentativamente in Adamo e di condannare tutti a cagione della trasgressione sua? 

   Noi crediamo che quello sia il caso, e vogliamo provare di dimostrarlo.

In Cristo tutti condivideranno le benedizioni della restaurazione.

 

     Iddio ci dice che, siccome la condannazione venne sopra tutti in Adamo, così egli ha provveduto un nuovo capo, padre e procuratore di vita per la razza, nel quale tutti possano essere ricondotti mediante la fede; e che siccome in Adamo tutti partecipano alla pena di morte, così in Cristo tutti parteciperanno alla benedizione della vita, essendo giustificati per la fede nel suo sangue (Rom. V, 12, 18, 19). 

   Così considerata, la morte di Gesù, solo innocente e senza peccato fu una compensazione completa del peccato d'Adamo. Nel modo stesso che un uomo ha peccato e che in lui tutti partecipano alla maledizione, così ancora Gesù, avendo pagato [150] il riscatto di quel solo peccatore, riscattò non solo Adamo, ma tutta la sua progenie — ogni uomo — che ebbe parte alle sue debolezze, ai suoi peccati e che partecipa alla sua morte.

Cristo ha riscattato la progenie di Adamo.

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     Il nostro Signore, "l'Uomo Cristo Gesù", senza macchia, approvato e possedendo in se stesso una progenie o razza perfetta, non nata, ma, come lui pura e senza peccato, diede tutto ciò che aveva di esistenza e di diritti umani come prezzo di riscatto, l'equivalente per Adamo e la razza e progenie che erano in lui quando egli fu condannato. 

   Avendo così pienamente riscattata la vita di Adamo e quella dei suoi discendenti, Cristo fa l'offerta di adottare come la sua progenie, i suoi figliuoli, tutti quelli della razza di Adamo che vogliono accettare le condizioni del suo nuovo patto, e ciò facendoli entrare per fede nella sua famiglia — la famiglia di Dio — per ricevere la vita eterna. 

   E' in tal modo che il Redentore "Vedrà la sua progenie (tanti figliuoli di Adamo quanti saranno quelli che accetteranno l'adozione, seconle condizioni fissate) e prolungherà i suoi giorni (nella risurrezione a una natura più elevata che quella umana, natura che gli sarà data dal Padre come premio della sua ubbidienza)"; e tutto ciò in un modo quasi inverosimile, — per il sacrificio della sua vita e della sua progenie. Così egli è scritto:

"Siccome in Adamo tutti, muoiono, così ancora in Cristo tutti saranno vivificati. (I Cor. XV, 22).

 

 

 


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"in cui tutti coloro che sono nei sepolcri....ne usciranno."

     Lo scapito che noi soffrimmo per la caduta di Adamo (non fummo vittima di ingiustizia veruna). sarà pienamente riparato dalla grazia di Dio in Cristo, e tutti, tosto o tardi (al "tempo proprio" di Dio), avranno un'occasione favorevole di essere ristabiliti nella situazione in cui si trovava Adamo prima ch'ei passasse.

   Coloro i quali, nel tempo presente non ricevono una conoscenza intiera ed un pieno godimento di quella grazia di Dio per la fede (è la grandissima maggioranza, compresi i pagani ed [151] i bambini), riceveranno certamente quei beni nella età futura, — il "mondo a venire" che farà seguito al presente. Ed è nell'intento di pervenire a quella conoscenza e a quel godimento della bontà di Dio che "tutti coloro che sono nei sepolcri.... ne usciranno".

    Siccome tutti gli uomini saranno pienamente istruiti dei benefizi del riscatto, pagato da Cristo e ne faranno piena esperienza, ognuno di essi sarà considerato come sottoposto alla prova nuovamente — come lo fu Adamo ; che, di nuovo, l'ubbidienza procurerà la vita durevole — vita eterna, e la disubbidienza la morte durevole — morte seconda. Una ubbidienza perfetta non sarà però richiesta da nessuno che non abbia anche raggiunta la capacità perfetta. 

   Sotto il Patto di Grazia la giustizia di Cristo è imputata per fede alla Chiesa durante questa età; e al mondo durante l'età del Millennio, per supplire ai difetti inevitabili delle debolezze della nostra carne. La perfezione morale assoluta non sarà richiesta prima che la perfezione fisica sia raggiunta (privilegio a cui tutti giungeranno prima dello spirare dell'età Milleniale). La differenza tra quella prova, risultato del riscatto, e quella dell'Eden sarà che in questa i fatti di ognuno non implicheranno se non il suo proprio avvenire personale.

"Se noi speriamo in Cristo solo in questa vita, 
noi siamo i piú miserabili di tutti gli uomini
.

"Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, ed è la primizia di coloro che dormono

"Infatti, siccome per mezzo di un uomo è venuta la morte, cosí anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti.

"Perché, come tutti muoiono in Adamo, cosí tutti saranno vivificati in Cristo."
I Corinzi 15:19-22

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L’ opportunita’
seconda- (contro) 
La prima-
opportunita’
individnale

 

 

 

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"una grande gioia che tutto il popolo avrà."

     Ma ciò non sarebbe egli dare una seconda opportunità ad alcuni della razza?

    Rispondiamo: La prima occasione offerta di raggiungere la vita eterna fu perduta per la disubbidienza del Padre Adamo per lui e per tutti i suoi discendenti "ancora nei suoi lombi".

    Sotto a quella prima prova "la condannazione venne sopra tutti gli uomini"; ed ora, dopo che essi avranno compresa la colpabilità eccessiva del peccato e provata l'amarezza del castigo, una opportunità sarà secondo il piano divino e come frutto dell'opera redentrice — concessa ad Adamo ed a tutti coloro che per colpa sua perdettero la vita, [152] di riedere a Dio per la fede nel Redentore. Se qualcuno vuole chiamare quella possibilità di pervenire alla vita una "seconda occasione", sia pure; è certamente la seconda opportunità data ad Adamo, ed in un senso altresì quella di tutta la razza riscattata. 

   D'altra parte però, quella occasione è la prima occasione individuale per tutti i discendenti di Adamo, i quali, quando nacquero, trovaronsi già. sotto condanna. O prima o seconda occasione che la si voglia chiamare, i fatti non cambiano: cioè per la disubbidienza di Adamo tutti furono condannati alla morte e tutti riceveranno nell'età del Millennio una piena opportunità di raggiungere la vita eterna sotto le condizioni favorevoli del nuovo Patto. 

   E' ciò che gli angeli hanno dichiarato essere una "buona nuova di grande gioia per tutto, il popolo" e ciò di cui Paolo parla allorchè dice : la testimonianza di quella grazia di Dio — che Gesù ha dato se stesso come riscatto per tutti — deve essere data al "proprio tempo" (Rom. V. 17-19; 1 Tim. II, 4-6).

     Non è già Iddio che limitò all'età del Vangelo l'opportunità di pervenire alla vita : sono gli uomini. Iddio invece ci dice che l'era evangelica non è designata per altro che per la scelta della Chiesa, del real sacerdozio, per mezzo del quale, nell'età che segue, il mondo perverrà, all'esatta conoscenza della verità e potrà assicurarsi la vita eterna sotto al nuovo Patto.

Perche’ permettere che tante miserie colpissero gli unomini?

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Dato l’opportunita’ individuale , quanti sarebbero trovati degni di vita?

    Ma quale vantaggio vi ha egli in un tal modo di procedere?

    Perchè non dare a tutta prima ad ognuno un'occasione individuale di ottenere la vita, senza il lungo procedimento della prova e della condannazione di Adamo, la partecipazione dei suoi discendenti alla sua condanna, la redenzione pel sacrifizio di Cristo e la nuova offerta a tutti della vita eterna in seguito alle condizioni del nuovo patto ? 

   Poichè il male doveva essere permesso, a [153] causa del libero arbitrio dell'uomo, a che prò un tale raggiro? Perchè permettere che tante miserie colpissero gli uomini, i quali, finalmente, riceveranno la ricompensa della vita nella loro qualità di figliuoli di Dio ubbidienti?

     Ecco davvero il punto capitale su cui concentrasi l'interesse di questo soggetto. Seguiamo attentamente questi ragionamenti: Se Iddio avesse ordinata diversamente la propagazione della specie umana, in guisa che i figliuoli non partecipassero alle conseguenze dei peccati dei genitóri, — le debolezze mentali, fisiche e morali, — e se Iddio l'avesse disposta in modo che tutti avessero un'occasione paradisiaca per la loro prova, e che i trasgressori fossero condannati o "recisi" (gr. kolasis) immediatamente in caso di peccato, quanti credete voi che, in tutte quelle occasioni favorevoli, se ne sarebbero trovati che fossero degni di vita e quanti indegni?

     Se prendiamo l'esempio d'Adamo (che era pure conoscenza necessaria di Dio e delle sue leggi. —il rappresentante dell'umanità perfetta) come criterio, dobbiamo concluderne che nessuno si sarebbe trovato ubbidiente e degno, per mancanza della conoscenza necessaria di Dio e delle sue leggi. 

   Noi siamo certi che fu per la "conoscenza (che il Figliuolo aveva) di lui (del Padre)" che egli fu capace di ubbidirgli e di confidarsi in lui implicitamente" (Es. LIII, ll). Ma supponiamo che un quarto della razza guadagni la vita, anche più, una metà; e che l'altra metà incorra il salario del peccato, — la morte. Che succederebbe allora? 

   Quella metà che avrebbe sempre ubbidito e che non avrebbe mai provato o compreso il peccato, non potrebbe essa risentire a perpetuità una curiosità intensa per le cose proibite? Non sarebbe essa trattenuta soltanto dal timore di Dio e del castigo? 

   Coloro che avrebbero ubbidito non si presterebbero [154] così di buon grado al piano di Dio come quelli che, conoscendo il bene e il male, avrebbero un concetto, molto chiaro e preciso dei disegni del Creatore il quale fece leggi governanti tanto il suo scopo proprio quanto quello delle sue creature.

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     Poi considerate altresì la situazione dell'altra metà che se n'andrebbe così alla morte, conseguenza del suo peccato volontario. Essi sarebbero recisi dalla vita in perpetuo, a meno che Iddio non si ricordasse delle sue creature — opera delle sue mani — e non provvedesse ad un riscatto per esse. Ma, ancora, perchè opererebbe egli così? 

   La sola ragione starebbe nella speranza che se questi ultimi fossero ridestati e provati una seconda volta, alcuni di essi, in virtù della loro più grande esperienza acquistata mediante il castigo, sceglierebbero allora l'ubbidienza e la vita.

     Supponendo, tuttavia, che un tal piano fosse nei suoi risultati buono al par di quello proseguito da Dio, gli si potrebbero fare critiche molto serie.

La sapienza di Dio restringi il peccato a certi limiti.

     Quanto è più conforme alla divina saviezza la restrizione del peccato in certi limiti quale essa si riscontra nel suo piano! 

    Lo spirito nostro meschino stesso può riconoscere quanto sia preferibile l'avere una sola legge perfetta, la quale dichiara che il salario del peccato — commesso di proposito deliberato e scientemente è la morte — la distruzione il recidimento dalla vita. 

   Ed infatti il Signore limitò il male ch'egli permise, provvedendo a ciò che il regno millenario di Cristo compiesse l'estinzione totale del male e di tutti i malfattori ostinati, e riconducesse l'eterna giustizia, basata sopra una conoscenza completa e sopra l'ubbidienza perfetta e volontaria da parte di esseri perfetti.

Altri obbezioni di provare l’individuo uomo adesso:

1. Avrebbe necessitato un redentore per ognuno condannato

2. Non avrebbe permesso la selezione “del corpo”

     Due obbiezioni principali restan da fare al piano di provare fin dal principio ogni uomo separatamente. Nel piano adottato da Dio un Salvatore bastava pienamente perchè uno solo aveva peccato, e [155] che uno solo era stato condannato (altri parteciparono alla sua condanna). Ma se la prima prova fosse stata una prova individuale, e se una metà della razza avesse peccato e fosse stata condannata, ciò avrebbe necessitato un Redentore per ogni persona condannata. 

   Una vita non colpevole, poteva salvare una vita colpevole, ma nulla più. Un solo perfetto, "l'uomo Cristo Gesù, che fece la redenzione dell'uomo decaduto (e della nostra perdita per cagion di lui) poteva essere," ed in quel modo soltanto "un riscatto (un prezzo corrispondente) per tutti" nel modo cioè designato nel piano di Dio. 

   Se noi ponessimo il numero totale di esseri umani da Adamo in qua a cento bilioni, e chè noi ammettessimo che una metà soltanto avesse peccato, ciò necessiterebbe la morte di tutti i cinquanta bilioni di uomini perfetti e ubbidienti affin di dare un riscatto (prezzo corrispondente) per gli altri cinquanta bilioni di trasgressori; e così, con un piano simile, la morte passerebbe su tutti gli uomini. E un tal piano non si troverebbe dietro una dose minore di sofferenze di quello che è ora in via di compimento.

 

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     L'altra obiezione è che un piano simile scompi­ glierebbe seriamente i disegni di Dio relativi alla elezione e all'esaltazione alla natura divina di una "piccola greggia", il corpo di Cristo, una schiera di cui Gesù è il capo e il Signore. Iddio non potrebbe ordinare ai cinquanta bilioni di figliuoli ubbidienti di dare i loro diritti, i loro privilegi e la loro vita come riscatto pei peccatori: imperocchè secondo la sua propria legge la loro ubbidienza avrebbe loro acquistato il diritto alla vita eterna.

   Qualora adunque quegli uomini perfetti fossero invitati a divenire i salvatori dei perduti, converrebbe che il piano dì Dio riservasse loro come a Gesù, una data ricompensa speciale affinchè possano indurare il castigo per i loro fratelli in vista di quella ricompen [156] sa e gioia che li aspetta.

    E se la medesima ricompensa fosse loro data, quale essa è stata data al nostro Signore Gesù, cioè di partecipare ad una nuova natura, la divina, — e d'essere sovranamente innalzati sopra angeli, principati e potenze, e di ogni nome che nominar si possa, — il più presso a Geova (Ef. I, 20, 21), allora un numero immenso si troverebbe sul piano di Dio ciò che, evidentemente non approvò la divina sapienza.

     Ancora quei cinquanta bilioni, in tali condizioni, sarebbero tutti uguali l'uno all'altro, e nessuno fra essi sarebbe il capo, mentre il piano che Iddio adottò non domanda che un sol Redentore, un solo sovranamente innalzato alla natura divina, poi una "piccola greggia" d'infra quei che quel Redentore riscattò e che "seguono le sue pedate", nel rinunziamento a se stessi e nelle sofferenze. 

   Son dessi quelli che par teciperanno al suo nome, al suo onore, alla sua gloria e alla sua natura, come la moglie partecipa a tutto ciò che è di suo marito.

Il riscatto e’ la soluzione per molti problemi.

     Coloro che possono comprendere questo tratto del piano di Dio, il quale, nel condannare tutti in un sol rappresentante, apre la via del riscatto e della restituzione a tutti per un solo Redentore vi trovano la soluzione di molte perplessità. 

   Possono essi vedere che la condannazione di tutti in un sol uomo fu giusto il contrario di un discapito : era per tutti un sommo favore se lo si considera congiuntamente al piano di Dio di giustificare tutti gli uomini pel sacrificio d'un solo altro uomo. Il male sarà sterminato per sempre appena lo scopo di Dio, per cui egli lo tollerò — sarà raggiunto e che il benefizio del riscatto si sarà esteso quanto il castigo del peccato. 

   E' tuttavia impossibile di apprezzare al suo giusto valore questo tratto del piano di Dio senza una conoscenza molto chiara e precisa della colpevolezza del peccato e della natura del suo castigo che è la morte; dell'importanza e del [157] valore del riscatto che diede il nostro Signor Gesù, e del ristabilimento completo e positivo dell'individuo in uno stato favorevole e in condizioni vantaggiose, secondo le quali egli avrà un'occasione favorevole di salvezza, prima che la ricompensa,—la vita durevole, — o il castigo — la morte durevole, — gli venga aggiudicata.

Benidizioni risulteranno mediante il Permesso de Male.

     Quando si ha ben compreso il piano grandioso della redenzione e il "ristoramento di tutte le cose" per mezzo di Cristo, noi possiamo vedere che dal permesso del male scaturiscono delle benedizioni che non avrebbero potuto essere raggiunte in verun altro modo.

Tutti vedranno chiaramente la sapienza di Dio
--La Sapienza--
--La Giustizia--
--L’Amore--
--La Potenza--

come sono illustrati nel riscatto.

     Non solo tutti gli uomini profitteranno eternamente per l'esperienza fatta e gli angeli per l'osservazione di quell'esperienza, ma tutti avranno ancora il vantaggio di conoscere più chiaramerme il carattere dì Dio, quale il suo piano lo manifesta. Una volta quel piano intieramente compiuto, tutti saranno in grado di leggervi distintamente la sua sapienza, la sua giustizia, il suo amore e la sua potenza. 

   Essi comprenderanno la giustizia che non poteva violare il divin decreto, nè salvare la razza giustamente condannata senza un totale annullamento del castigo mediante un Redentore ben disposto. Essi comprederanno l'amore che provvide a quel nobile sacrifizio e che innalzò sovranamente il Redentore alla destra di Dio, dandogli il potere e l'autorità di restaurare la vita di coloro che egli riscattò col suo prezioso sangue. 

   Essi comprenderanno ugualmente la potenza e la sapienza che furon capaci di condurre a buon fine un destino così glorioso per tutte le sue creature e di controllare così tutte l'influenze opposte per trasformarle in istrumenti aiutanti di buon grado o per forza il finale adempimento dei suoi grandiosi disegni. 

   Se il male non fosse stato permesso, e governato in conseguenza dalla divina Provvidenza, non potremmo [158] scorgere in qual modo quei risultati sarebbero stati raggiunti. Il permesso del male per un certo tempo manifesta una sapienza, che si estende molto lungi, la quale abbraccia la sua origine, tutte le sue conseguenze, in un col suo rimedio e il risultato finale di quel permesso.

     Durante l'era del Vangelo il male ha servito ancora alla disciplina e alla preparazione della Chiesa. Se il male non fosse stato permesso, il sacrifizio del Signor Gesù e della sua Chiesa, di cui la ricompensa è la natura divina, sarebbe stato impossibile.

La Legge di Dio e' l'Amore.

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     Pare chiaro che convenga che, in sostanza, la medesima legge di Dio che governa ora il genere umano, — l'ubbidienza a quella legge produce la vita e la sua trasgressione la morte, — governi in definitiva tutte le creature intelligenti di Dio: quella legge, quale Gesù l'ha definita, vien racchiusa in questa sola parola: 

Amore. L'amore è suprema grandezza, l'amore è la gloria del ciel. L'amore è il vero diadema dell'Altissimo e d'Emmanuel.

     “Ama il Signor Iddio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua e con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso". 

   Finalmente quando i consigli di Dio saranno eseguiti, la gloria del carattere divino si manifestera ad ogni creatura intelligente e il permesso temporaneo del male sarà riconosciuto come una parte sapiente del governo divino. 

   Attualmente ciò non si può scorgere se non coll'occhio della fede, se noi guardiamo avanti, per mezzo della Parola, alle cose delle quali è parlato per la bocca di tutti i santi profeti, fin dalla fondazione del mondo, cioè il ristauramento di tutte le cose.

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